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Avere un problema e il coraggio di cambiare

La parte più difficile quando si parla di salute e soprattutto di problematiche inerenti la salute, psichica o fisica che sia, non è tanto il percorso terapico ma la presa di coscienza di avere un problema. Il paradosso è proprio questo: c’è chi riconosce di star male ma non approfondisce per paura della diagnosi.
C’è chi non sa da chi andare e chi nega completamente per vergogna, soprattutto se la problematica può avere (per motivi culturali, o personali ecc) risvolti imbarazzanti. C’è chi ha dei pregiudizi o poche/errate informazioni sul tema. Poi c’è chi nega a prescindere, in quanto non è accettabile per lei/lui avere un problema. Spesso si ignora che così facendo si arriva a cronicizzare una patologia. Il primo passo è proprio riconoscere la condizione di malessere, ciò implica chiamare le cose col proprio nome, rendendo possibile la guarigione. Proviamo a pensare a un disturbo del comportamento alimentare che ha complicanze oltre che psichiche, fisiche. Pensiamo all’obesità che culturalmente (ahimè) è più legittimata di altri disturbi del comportamento alimentare, c’è un malessere profondo fisico, psichico, ci sono delle conseguenze per la salute e delle conseguenze relazionali, sociali…Come mai molte persone non si curano di ciò?
Perché la parte più complessa è armarsi di quell’onestà necessaria per dirsi: “ok, c’è qualcosa che non va” e quindi accettare il doversi affidare a qualcuno, andare oltre quel senso di fragilità che si percepisce quando dobbiamo chiedere un aiuto (sia per problemi fisici che psichici, ignorando che spesso sono presenti entrambi come causa o come conseguenza). In certe persone questo attiene al timore profondo di “dipendere”.
La difficoltà sta proprio nel superare quelle categorie interne che ci suggeriscono giudizi che ci impediscono di vedere. Spesso ragioniamo così: “se ho quel problema allora vuol dire che…sono o non sono abbastanza…
Molte patologie vengono categorizzate in qualcosa di sbagliato e quindi le rifiutiamo e non accettiamo. Come fare? Iniziare a pensare che giusto e sbagliato non sono categorie assolute, che tra il bianco e il nero esistono migliaia di sfumature possibili. Spesso chiamiamo sbagliato qualcosa che non conosciamo, solo perché il senso comune vuole che a una data esperienza corrisponda un’accezione negativa. Facciamo altri esempi, se dico che ho l’ansia credo di essere matto, se dico che vado dallo psicologo mi dicono che sono debole. Se dico di andare da un dietologo, perché devo pagare uno che mi dice come mangiare? E poi ci sono gli stereotipi e i pregiudizi sociali.

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Tornando al tema delicato dei disturbi alimentari, molti li rilegano a qualcosa di sbagliato e distruttivo. Ci si ammala di disturbi alimentari per un malessere che trova sfogo nel cibo. Il cibo, dunque, è effetto, non causa. Il dramma vero di chi soffre di disturbi alimentari ma anche fisici è la difficoltà nel riconoscere un problema identificato dalla società come negativo. Viviamo in una società in cui ammettere di non avere un equilibrio mentale sano è sbagliato, in cui ammettere che a causa di una malattia fisica abbiamo bisogno di un aiuto psichico è da folli. Parlare di salute implica parlarne a 360 gradi, implica prendersi cura di sé con tutte le sfaccettature che questo comporta. Ancora troppi argomenti sono dei tabù soggetti al giudizio proprio e degli altri.
Ognuno attraverso la propria soggettività, crea un proprio modo di vedere la realtà. Serve elasticità, prima di tutto con se stessi per sviluppare un sistema di pensiero in cui alcune cose sono giuste e sbagliate per noi, perché secondo la nostra esperienza qualcosa apporta maggiori benefici e minori rischi di qualcosa d’altro, allora lo saremo anche con gli altri. Qualcosa che ci accade e che frettolosamente riponiamo nel cassetto sbagliato può esserlo in quel momento, mentre con il senno di poi potremmo considerarlo solo diverso. Liberiamoci dal pregiudizio e accettiamo la nostra situazione, qualsiasi essa sia, ciò permette di vivere più serenamente, guardandoci con altri occhi. Altrimenti metteremo in atto consapevolmente o meno condotte nocive per noi. Inutile crogiolarsi per aver permesso a un disagio di presentarsi, meglio pensare di prevenire e curarsi qualora necessario affidandosi a professionisti seri.

Il corpo è una macchina, se si ha la fortuna di avere una macchina funzionante ci si deve impegnare per trattarla bene, per averne cura. Una persona con un equilibrio mentale riuscirà ad avere un equilibrio fisico, le cose andranno di pari passo e la persona si troverà in uno stato di benessere. Mancando uno dei due requisiti, anche l’altro cadrà inevitabilmente: è così, prendiamone atto.

Photo Credit:
The Mood Post
Gioco News

Autore Dott.ssa Martina Gambacorta

Dott.ssa Martina Gambacorta
Psicologa, counselor, psicoterapeuta e formatrice esperta in educazione alimentare, percorsi motivazionali in caso di difficoltà con fame nervosa/emotiva e terapia in caso di disturbi alimentari.

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