pollo tikka masala

Il pollo tikka masala, piatto nazionale britannico

Al mio amico Tommaso, curioso e buongustaio

“Forse non tutti sanno che in Inghilterra il cannibalismo venne praticato fino a duemila anni fa. Quella fu anche l’ultima volta che in Inghilterra si trovò qualcosa di buono da mangiare” (Daniele Luttazzi)

Si è sempre pensato all’India come ad un mondo misterioso, impossibile da interpretare, senza alcun punto di contatto con la nostra cultura. Così come si è sempre vista la cucina di questa enorme nazione come, genericamente, a base di piatti di carne o verdure ricchi di spezie ed accompagnati da riso bollito. Se è certamente vero che le spezie sono predominanti e che il riso bollito (preparato in varie modalità) sia l’accompagnamento principale insieme al naan, delizioso pane morbido e lievitato, non si può non tener conto di due concetti: l’India è una Repubblica che ha circa 30 lingue ufficiali, ognuna di esse parlata da decine di milioni di persone; e, soprattutto, i numerosissimi popoli che la abitano non sono mai stati uniti in un unico Stato prima del 1947, anno dell’indipendenza dal dominio coloniale inglese culminata poi col sacrificio di Gandhi.
Viene spontanea dunque la domanda: come è possibile parlare di cucina indiana in un territorio così vasto, variegato e pieno di popolazioni diverse? Sarebbe come teorizzare un’improbabile “cucina europea” , definizione con  cui, giustamente, nessuno sarebbe preso sul serio.
Ci sono quindi diverse cucine indiane e servirebbero altrettanti articoli per parlarne: la storia che voglio raccontarvi, che non si conclude in Asia, ha origine in quella zona dell’India nord-occidentale chiamata Punjab, di religione islamica ed ora ai confini col Pakistan, sottomessa dagli inglesi nel 1849.
Il colonialismo inglese, che non voglio qui giudicare, cambiò per sempre questi territori; oltre ad aver appunto unito genti senza nulla in comune, aprì la strada alla modernità coi suoi pregi e difetti: ferrovie, telefoni, università, relativa tolleranza religiosa e relativa attenzione ai diritti umani.
La cacciata dei britannici lasciò poi uno strascico di guerre e di morte, che in parte continua ancora oggi. Il Pakistan ad esempio non esisteva prima come entità politica: è semplicemente quella parte di India britannica, a stragrande maggioranza islamica, che si è separata in modo cruento nel 1947 insieme al Bangladesh. Per questo non è raro che i ristoranti indiani in Italia siano gestiti da pakistani: sono anche essi parte integrante della cultura indiana e la loro cucina è, praticamente, la stessa del Punjab e delle altre regioni dell’India settentrionale (un ottimo locale take-away a Milano è lo Shalimar, in zona Università Statale http://www.shalimarrestaurant.it/ ). Dirò di più: l’India settentrionale ha culturalmente molte più cose in comune col Pakistan, l’Afghanistan e addirittura con l’Iran rispetto che con l’India del sud, in cui si parlano lingue di famiglia completamente diversa e la cui cucina è più imparentata con il sud-est asiatico ed è pressoché sconosciuta in Italia.

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Il fatto che, dopo la fine del dominio inglese, tutte le ex colonie siano in qualche modo, rimaste legati all’ex madrepatria con la lega del Commonwealth ha portato moltissime persone da ogni parte del mondo ad emigrare in Gran Bretagna. Compresi, dunque, moltissimi pakistani ed indiani del Punjab che, oltre alle loro speranze, ai loro sogni e alla loro buona volontà, hanno messo nella valigia anche le loro tradizioni culinarie ed i loro gusti; aprendo, in molti casi, piccoli ristoranti take-away poco più che casalinghi che hanno talvolta fatto fortuna e si sono ingranditi, per proporre i vari daal (curry di lenticchie), aloo gobi (purea di cavolfiori e patate), samosa (fagottini di ceci fritti). Nonché i piatti di carne, come il pollo tikka (marinato in yogurt, coriandolo, succo di limone e cotto in un forno tandoori, a forma di campana rovesciata).

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Nel 1971 tra questi ristoratori c’era anche Ali Ahmed Aslam, che gestiva il Shish Mahal a Glasgow. Anche i cuochi migliori possono non essere impeccabili, ed infatti un cliente un giorno rimandò in cucina un piatto di pollo tikka: “troppo secco” , sentenziò. Ali Ahmed non si perse d’animo: anziché preparare un’altra porzione di pollo, aggiunse a quella che già aveva dello yogurt, del pomodoro passato e delle spezie masala, mistura tipica anch’essa della zona tra India e Pakistan ma non prevista nella ricetta tradizionale. Il risultato fu delizioso, il cliente apprezzò talmente tanto che ritornò il giorno dopo con tutti i suoi amici, apposta per far conoscere loro il piatto. Era nato il pollo tikka masala, che non sarebbe più uscito dal menu di quel ristorante.
Ed anzi, grazie al passaparola non sarebbe più uscito dal menu di nessun ristorante che si ispira alla cucina dell’India del Nord: sono sicuro che chiunque ami questa cucina e quasi chiunque tra quelli che l’abbiano provata ha assaggiato il pollo tikka masala. Che però, banalmente, nonostante usi tecniche ed ingredienti perlopiù indiani, non è nato in India e non ha più di 50 anni di storia.

Il colpo di genio di Ali Ahmed Aslam sembra quasi più una leggenda “dei giorni nostri” , anche se suo figlio Asif Ali ne ribadì la veridicità alla BBC molti anni dopo. Altri studiosi attribuiscono l’invenzione del pollo tikka masala ad una cuoca indiana cresciuta in Gran Bretagna, la signora Balbir Singh, negli anni ’60. La cosa certa è che in Gran Bretagna il piatto fa tutt’ora furore: è il secondo piatto più consumato in assoluto (non tra quelli indiani: in assoluto) di tutta la nazione; il Foreign Secretary, l’equivalente del nostro Ministro degli Esteri Robin Cook nel 2001 ha addirittura proposto il pollo tikka masala come piatto nazionale del Regno Unito, trovando numerosi sostenitori. Quindi non sentitevi dei pazzi visionari se quando andrete a mangiare in un ristorante indiano-punjab coi vostri amici ordinerete e consiglierete, sicuri di voi, un celebre piatto britannico e sarete certi che piacerà a tutti.

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POLLO TIKKA MASALA
(per quattro persone)

700 gr di petto di pollo tagliato a cubi non troppo piccoli; meglio che il pollo sia fresco e non decongelato
220 ml di yogurt bianco (quello greco può andare bene, anche se non è l’originale)
200 gr di cipolle tritate
tre cucchiai di succo di limone
una latta di passata di pomodoro da 400 gr
mezzo cucchiaino di concentrato di pomodoro
tre cucchiai di coriandolo fresco tritato
quattro spicchi d’aglio tritati (mi rendo conto che l’aglio sia un ingrediente complesso: nel caso metteteli interi ad inizio cottura e toglieteli dopo un minuto)
un peperoncino fresco tritato
paprika dolce
mix garam masala (si trova nei banchi delle spezie delle fiere o nei supermercati bio)
cumino in polvere
curcuma in polvere
mezza radice di zenzero grattugiata
peperoncino in polvere
aceto di malto (facoltativo)
sale
olio di semi per la cottura
riso basmati, zafferano o naan per accompagnare

In un recipiente di plastica mescolare un cucchiaio di passata di pomodoro, 150 ml di yogurt, due cucchiai di coriandolo, il succo di limone, l’aglio tritato, la paprika, un cucchiaino di garam masala, un cucchiaino di cumino ed uno di curcuma. Dopo averli amalgamati bene aggiungere il pollo tagliato e salato prima e mescolare finché non sarà ben coperto. Lasciare poi marinare tutto in frigo per 36-48 ore circa.

NB: non è prudente lasciare del pollo non congelato a marinare per più di un giorno. Se avete del pollo fresco non c’è problema, altrimenti non proseguite la marinatura per più di 18 ore.

Una volta marinato il pollo inserite i cubetti in spiedini metallici. Lo 0,001% di voi che possiede un forno tandoori lo cuocia lì, senza bisogno che io spieghi come fare. Gli altri possono cuocerlo al forno col grill o in un coccio di ceramica con olio di semi caldo (in questo caso non è necessario creare gli spiedini) fino a che la carne non è ben cotta.
In questo modo si è preparato un classico pollo tikka.

In seguito scomporre gli spiedini e mettere da parte la carne. Scaldare in una padella (va bene anche il wok) dell’olio di semi, aggiungendo le cipolle e lo zenzero grattugiato, mescolando spesso. Una volta brunito il tutto aggiungere 20 ml di yogurt e le seguenti spezie: un cucchiaino di peperoncino in polvere, mezzo cucchiaino di cumino in polvere, un cucchiaino di paprika dolce, un cucchiaio di succo di limone mescolando bene. Aggiungere poi il pollo e cuocere per altri due minuti a fuoco alto. Aggiungere poi la latta di passata di pomodoro, un’altra spolverata di peperoncino in polvere e mezzo cucchiaino di concentrato; se lo avete, anche un cucchiaino di aceto di malto, che si può però omettere. Fare sobbollire per cinque minuti. Unire poi 50 ml di yogurt, il masala mix e un cucchiaio di coriandolo tritato, proseguendo la cottura (fare sempre sobbollire) per altri cinque minuti. Spolverare, a fiamma spenta, di ulteriore coriandolo tritato e servire con riso basmati lesso allo zafferano o naan (si trova all’Esselunga).

Photo Credit:
http://www.20thcenturylondon.org.uk/sites/default/files/styles/page_hero/public/legacy_images/Indian-London_20090815154609.jpg?itok=Vx4UNLlq
http://travelphotos.picturetheplanet.com/The-Planet-D/Photo-of-the-Day/i-JB7LvSg/0/XL/Amritsar-punjab-india-1-XL.jpg
https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/736x/ec/39/8b/ec398ba5f4cbdab6da9f203cf6398b4b.jpg
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/44/Chicken_Tikka_Masala_KellySue.JPG

 

 

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Autore Davide Maniaci

Laureato in Storia, giornalista pubblicista per due settimanali locali. I miei interessi spaziano dalla cucina ai viaggi, dalla storia dell'arte alla musica rock. Tutto questo riassunto in un obiettivo: la divulgazione. Amo l'idea che chiunque possa sapere tutto e nel mio piccolo provo a realizzarla. Curo una rubrica di cultura gastronomica su ilovefoods.it dal 2015.

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